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Giornalismo complice della violenza

Articolo tratto da La spalletta, Settimanale volterraneo di cronaca e cultura

Lo scorso martedì 12 giugno 2018, la civetta della Nazione (cronaca di Pisa) titolava “GIOCHI EROTICI CON BAMBINA, CONDANNATO”. Non è la prima volta che la Stampa, e La Nazione in particolare, utilizza termini inappropriati e fuorvianti riguardo al fenomeno della pedofilia e della violenza sessuale sui minori.

Da molti anni come associazioni operiamo sul territorio pisano per prevenire e contrastare la violenza maschile su donne e bambine/i, occupandoci di donne e minori vittime di violenza, di uomini che agiscono violenza, ed anche di uomini che hanno subito violenza, comprese le violenze sessuali, nell’infanzia e nell’adolescenza.

La violenza sui minori è fenomeno endemico e dalle conseguenze nefaste per chi l’ha subita. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ci dice che una bambina su 5 e un bambino su 10 hanno vissuto violenze fisiche o sessuali: numeri mostruosi come le azioni che vengono compiute su di loro da adulti dai quali non si possono difendere.

Tutto ciò rende molto grave l’utilizzo da parte della stampa di un linguaggio che, in tre righe, trasforma la violenza sessuale agita da un pedofilo, ovvero su una vittima che non può difendersi, in un gioco erotico, richiamando qualcosa di divertente ed eccitante, che può avvenire solo fra persone adulte capaci di autodeterminarsi.

Ma il rapporto fra adulti e bambini/e non è mai paritario, l’adulto ha potere e lo esercita, basti pensare al fatto che fino al compimento della maggiore età le persone non vengono ritenute capaci di decidere autonomamente e sono sotto tutela di adulti.

Perciò non può esserci un gioco erotico fra un adulto e una bambina o un bambino. Ci può solo essere, come il giornalista avrebbe avuto il dovere di scrivere, un pedofilo che ha usato violenza sessuale su una bambina, e per questo è stato condannato.

La violenza sessuale non è un gioco e non è un atto paritario.

I media, come sancito dalla Convenzione di Istanbul e come proposto dal Manifesto di Venezia, hanno una grande responsabilità e degli obblighi morali nel raccontare la realtà in modo corretto e rispettoso dei fatti e delle vittime. Non facendolo, impongono una visione deformata e distorta della realtà, in cui la vittima diventa corresponsabile e il colpevole viene cancellato, anzi innalzato spesso lui a vittima raggirata. Gli organi di informazione hanno un grande potere e grandi responsabilità nel legittimare la violenza.

Ci auguriamo che ogni giornalista rifletta sul contributo che ogni giorno concorre a dare per rendere giustizia alla realtà e alle vittime, o al contrario, per vittimizzarle nuovamente.

 

Associazione Le amiche di Mafalde (Pomarance)
Associazione Nuovo Maschile (Pisa)

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